Mesola, il Po di Goro e la Sacca – Il Territorio e le sue specificità

www.comune.goro.fe.it (Sito ufficiale del Comune di Goro)
www.mappareilfuturo.it
www.marinagoro.it (Porto turistico di Goro)
www.navideldelta.it (Escursioni in barca, motonavi e varie)
www.parcodeltapo.it
www.stradadelpesce.it Promozione e valorizzazione delle specie ittiche dell’Adriatico)
www.stradaviniesaporiferrara.it (Sagre e prodotti tipici del territorio)

Il territorio
Il territorio di Goro, Gorino, della Sacca con il Po di Goro, il Po di Volano e lo Scannone rientrano nella cosiddetta stazione 1 del Parco del Delta del Po della Regione Emilia Romagna.
Questo territorio rappresenta non solo il confine amministrativo fra la Provincia di Ferrara in Emilia Romagna e la Provincia di Rovigo in Veneto, ma anche il confine naturale fra il delta storico del Po, ricadente nella Provincia di Ferrara, e quello attivo, ricadente nella Provincia di Rovigo.

Goro → CAP 44020
Comune dal 1962 (fino ad allora frazione di Mesola)
Superficie: 31,38 km2
Frazioni: Gorino
Popolazione residente: 3.733 (31.08.2017 ISTAT)
Abitanti: goresi o goranti
Festa patronale: 1a domenica di settembre – “Santa Maria delle Grazie”

Goro e Gorino – Storia, economia e realtà attuale
Goro deve il suo toponimo a Gaurus, un vecchio ramo del Po di Volano. L’abitato risale alla prima metà del XVIII secolo, posto sull’argine destro del Po, tra il fiume e il mare, in un territorio paludoso di dossi. Le prime abitazioni erano dei casoni di canna – una tipologia di casa usata sin dall’epoca degli Etruschi di Spina – poi sostituiti da case in muratura. Molto sviluppate erano le attività di scambio con le navi mercantili; parte degli introiti derivava dai dazi e dal diritto di ancoraggio.
Sin dall’inizio del XVII secolo il porto andava spostandosi progressivamente verso sudest per il rapido avanzamento della costa, che arrivò, un secolo dopo, all’altezza dell’odierno abitato di Goro, iniziando la formazione dell’attuale Sacca di Goro.

La storia di Goro è caratterizzata dalla continua lotta dell’uomo contro le acque del mare e del fiume. Ne sono testimonianza gli antichi manufatti di regimazione idraulica, come Torre Palù, Torre Abate, Balanzetta e la chiavica dell’Agrifoglio, e i fari, che dimostrano l’incessante modificarsi del territorio.

Le attività economiche preponderanti attuali sono legati alla pesca e alla molluschicoltura nonché al turismo naturalistico (navigazione, birdwatching, cicluturismo).
Gorino è l’unica frazione del Comune di Goro. Sorse a metà del XVIII secolo dove la terra non era ancora emersa dal mare e serviva da dogana alla foce del Po. Divenne un centro abitato nel 1870 quando alcuni pescatori vi si stabilirono definitivamente. Più contenuto, il Porto di Gorino è delimitato da un alto muro in cui sono aperti dei varchi che possono essere chiusi per arginare eventuali ondate di marea (chiaviche). Gorino è punto di partenza per il turismo in bicicletta e fluvo-marittimo nonché un’interessante area per il birdwatching.

 

Goro – La Casa del Popolo
Il primo edificio sorse nella prima metà del XIX secolo; subì una prima importante trasformazione intorno al 1911 per essere sede delle prime leghe cooperative a carattere sociale dei pescatori e degli operai volte a migliorare le condizioni di vita degli operai all’inizio del secolo. L’edificio fu successivamente sistemato a teatro poco dopo l’acquisizione da parte della Lega di Miglioramento. Al piano terra a sud erano sistemati un teatro o teatrino formato da un’entrata che dava sulla piazza, seguivano la sala teatrale e il palcoscenico. Nel 1980 il Comune di Goro acquistò l’edificio e nel 1982 si è vagliata la possibile destinazione di “Centro Culturale Polivalente”. La “Casa del Popolo” ha rappresentato un punto di aggregazione per l’intera popolazione gorese, quando i mezzi di comunicazione (informazione) di oggi non esistevano, quando l’isolamento geografico era determinante nel fare aumentare difficoltà nel contatto umano e culturale con le altre realtà.

 

Goro – il Porto, il mercato ittico e l’asta del pescato
Il porto costituisce la parte più interna della Sacca di Goro. Oggi è un porto moderno che conserva tratti del borgo peschereccio di un tempo. La pesca e la molluschicoltura sono al primo posto nell’economia locale. La locale flottiglia supera le 2.500 imbarcazioni (?).
A sinistra, entrando nel porto, è stata realizzata una darsena turistica con pontili galleggianti a pettine. La Marina di Goro nata nel 1996 si estende attualmente su una superficie di circa 15 ettari e può ospitare circa 360 imbarcazioni, con un’occupazione media attuale di circa 200 ormeggi. L’attuale gestione è affidata alla MAST s.r.l. di La Spezia. È previsto un ampliamento a 450 posti barca per una superficie di circa 60.000 m2. I lavori comprendono la manutenzione straordinaria dei pontili; il posizionamento delle sbarre di accesso; l’installazione dell’impianto di videosorveglianza; il completamento dei servizi igienici; la riqualificazione del parcheggio destinato agli utenti. Il porto turistico di Goro è proprietà di Giovanni Minguzzi. L’accesso al porto è attraverso un canale, segnato dalle briccole rispetto alle quali le imbarcazioni devono tenere una distanza di 10 metri. I fondali sono profondi dai 1,5 ai 3 metri, in banchina dai 2,5 ai 3 metri. La darsena può accogliere circa 130 (?) imbarcazioni da lunghezza tra i 6 e i 12 metri con profondità massima di 3 metri.

L’allevamento della vongola verace coinvolge a Goro su 2.700 ettari di laguna 1.300 addetti, 44 cooperative e vanta 20.000 tonnellate di prodotto commercializzato per un volume d’affari tra 50 e 70 milioni di euro.
Nel locale mercato ittico adiacente il porto viene battuta l’asta del pescato ad orecchio: per ogni partita di pesce i commercianti interessati sussurrano il prezzo d’acquisto all’astatore, il quale, al termine delle proposte, cede la merce al migliore offerente. L’asta ha luogo tutto l’anno – dal lunedì al venerdì – con inizio alle ore 15,15. È possibile assistere all’asta: per i visitatori è prevista un’area apposita. L’ingresso è libero.

 

Goro – la Lanterna Vecchia, il Faro
La Lanterna Vecchia è l’antico faro costruito nel 1864 in prossimità della foce. A causa dei progressivi depositi fluviali dista oggi 4 km dal mare. Per questo, in seguito, fu sostituita da un nuovo faro. La Lanterna Vecchia oggi è utilizzata come osservatorio naturalistico sulla Sacca di Goro. È raggiungibile in bicicletta o via mare.
L’attuale Faro realizzato nel 1950 sullo Scannone sostituisce quello che nel 1945 fu fatto esplodere dall’esercito tedesco prima della ritirata. Di base cilindrica, è alto circa 22 metri ed è sormontato da una lanterna che ha un fascio luminoso di 10 miglia. Fino al 1981, la lanterna era alimentata con bombole a gas metano sostituite ogni 3-4 mesi. Oggi, un cavo elettrico submarino proveniente dalla sponda veneta raggiunge lo scanno e alimenta il faro. L’attigua Casa del guardiano, in seguito a lavori di restauro eseguiti dalla Provincia di Ferrara e dal Comune di Goro nel 1987, è ora un punto di accoglienza e ristoro. Il faro è raggiungibile sia con mezzi nautici sia percorrendo un sentiero naturalistico che dalla Lanterna Vecchia si dirige verso il mare.

 

Il Po di Goro, le golene, proprietà
È la prima e più estesa diramazione del fiume Po (alveo fluviale proprietà del Demanio dello Stato). Insieme alle altre forma il suo attuale delta attivo. Nel corso dei secoli esso ha subito molte modifiche. Esso si diparte dalla sponda destra del corso principale in corrispondenza di Santa Maria in Punta di Ariano nel Polesine e dopo un percorso di circa 45 km sfocia nel mare Adriatico in prossimità di Gorino Ferrarese. Il suo corso costituisce la parte più orientale del confine tra la Regione Emilia Romagna e la Regione Veneto. Esita in mare circa il 12% della portata complessiva del fiume Po. È caratterizzato da golene, lanche fluviali e laghi.
A est di Goro è presente una lunga lanca golenale di 55 ettari detta Dindona (proprietà della Provincia di Ferrara), la cui vegetazione dominante è il canneto a fragmite. Dove il canneto si dirada sostano spesso anatidi, garzette (Egretta garzetta), aironi cenerini (Ardea cinirea).

L’Argine da Mesola agli stagni della Cavedazzina è proprietà della Regione Emilia Romagna e Provincia di Ferrara. L’Isola Mezzanino è proprietà del Demanio dello Stato ramo marina.

 

La Sacca di Goro
Di forma triangolare, si estende su 26 km2. La profondità media è di 1,5 m; il volume d’acqua è di 26 x 106 m3. Gran parte del bacino è sotto il livello del mare.
Sacca è un termine locale per indicare una laguna.
È compresa tra le foci del Po di Volano e del Po di Goro. Due bocche di circa 0,9 km ciascuna la collegano al mare. La morfologia è il prodotto di circa quattro secoli di evoluzione e fortemente condizionata dalla presenza e dagli interventi dell’uomo. I primi segnali di formazione della Sacca di Goro risalgono alla fine del XVIII secolo. L’apporto solido del Po di Goro – principalmente limo e argilla – e il rimaneggiamento dall’attività del mare hanno formato i cordoni di sedimento (scanni) che hanno chiuso la baia a sud. Il fondale della laguna è per lo più costitutio da sedimenti fangosi; nei pressi della bocca essi sono invece sabbiosi. I parametri chimico-fisici sono fortemente variabili essendo essi determinati dagli apporti del Po di Goro, del Po di Volano e del Canal Bianco nonché dai flussi di marea.
La Sacca di Goro costituisce un importante ecosistema ed offre occupazione a circa 1.500 di persone, impegnate nella pesca e nell’allevamento dei molluschi. Circa 10 km2 dell’area sono occupati a molluschicoltura, iniziata con l’allevamento delle vongole veraci (Tapes decussatus) e – per far fronte ad una crescente richiesta del mercato – dal 1985 (1984?) integrata con la vongola verace filippina (Tapes philippinarum), la cui rendita è molto elevata. Importante è la coltivazione dell’ostrica concava o portoghese (Crassostrea gigas) aggiuntesi all’ostrica piatta (Ostrea edulis) già presente nel territorio. Altrettanto importante è l’allevamento della cozza (Mytilus galloprovincialis).
Attualmente la pesca della vongola verace – che avviene tutto l’anno – è di 20 tonnellate al giorno
La vegetazione è data principalmente dai canneti a fragmite (Phragmitesa australis) nelle aree più riparata dalle correnti e a bassa profondità, mentre nelle aree salmastre più profonde dell’interno della Sacca, la vegetazione sommersa è dominata da alghe (Ulivetalia).
È una zona umida d’importanza internazionale, inserite nell’elenco della convenzione di Ramsar del 1971. Vi svernano molte specie di uccelli fra questi: il tuffetto (Tachibaptus ruficollis), svassi piccoli (Podiceps nigricollis), lo svasso maggiore (Podiceps cristatus), losmergo maggiore e minore (Mergus merganser e Mergus serrator), l’orchetto marino (Melanitta nigra), la strolaga (Gavia spp.). Tra le anatre svernanti più comuni sono presenti il germano reale (Anas platyrhynchos), l’alzavola (Anas crecca) e il moriglione (Aythya ferina). Comune è la folaga (Fulica atra), la garzetta (Egretta garzetta), l’airone cenerino (Ardea cinerea), e l’airone bianco maggiore (Egretta alba). Le barene emerse della Sacca e dello Scannone offrono ospitalità al piovanello pancianera (Calidris alpina) e al piovanello maggiore (Calidris canutus).
In estate nidificano tra gli estesi canneti soprattutto la volpoca (Tadorna tadorna), l’airone rosso (Ardea purpurea) e il falco di palude (Circus aeruginosus). Nidificano tra le depressioni della sabbia degli scanni soprattutto la beccaccia di mare (Haematopus ostralegus), il fratino (Charadrius alexandrinus) e il fraticello (Sterna albifrons).
La Sacca è un importante sito di alimentazione per lo storione del Naccari (Acipenser naccarii) e per lo storione comune (Acipenser sturio), in particolare durante la fase giovanile; inoltre è un sito tipico di presenza del ghiozzetto cenerino (Pomatoschistus canestrini) e del ghiozzetto di laguna (Knipowitschia panizzae).
Dal 1988 l’ufficio Acque Costiere ed Economia Ittica della Provincia di Ferrara si occupa della Sacca di Goro.

 

Goro – lo Scannone
Noto anche come Isola dell’Amore, è un lembo di terra e sabbia che si estende dalla bocca del Po di Goro verso il Lido di Volano, formatosi a conseguenza dell’avanzamento deltizio con l’apporto di sabbie da sud – ad opera del vendo dominante di scirocco – e all’apporto di sabbie da est – provenienti dalla foce del fiume. La principale vegetazione è composta di giunchi palustri, canneti, tamerici e salicornie. È rifugio per numerose specie volatili: piovanelli pancianera, beccacce di mare, svassi, spioncelli e gabbiani. Sulla parte esterna delo Scannone si erge il Faro di Goro.
La fauna comprende numerose specie di avifauna acquatica sia nidificante come l’airone, la folaga e la beccaccia di mare, sia di passo come il falco di palude la sterna e molte anatidi. La fauna ittica è costituita da ostriche, cefali, anguille, orate, branzini e naturalmente mitili. Nella sacca, a circa mezzo miglio , si erge un teca votiva dedicanta a Sant’Antonio , protettore dei naviganti e dei pescatori.
La formazione dello Scannone risale all’Ottocento, ma è dagli anni ’40 del Novecento che esso ha assunto la forma attuale, dato che ancora negli anni ’30 era posizionato leggermente più a nord, a metà via tra l’attuale Scannone e il Po di Goro: le barene dell’area centro-orientale della Sacca sono, infatti, il residuo di questo scanno. Negli anni ’50 lo Scannone era diviso nello Scanno di Goro (una penisola che partiva dal Faro di Gorino) e nello Scanno Piallazza (un’isola di sabbia ad un km a ovest del primo), in seguito agli apporti sedimentari i due scanni si sono congiunti e l’avanzamento dello Scannone è continuato fino ai primi anni ’90, quando ha raggiunto gli attuali otto km di lunghezza e arrivando a circa 1,5 km dal Lido di Volano. Tale avanzamento minacciava però di trasformare la laguna in una palude senza comunicazione al mare, con evidenti problemi di eutrofizzazione ed anossia, quindi nel 1991, per velocizzare l’ingresso d’acqua marina in Sacca, fu costruita una stazione idrovora nella zona centrale dello scanno. Nel 1992, ad ovest dell’idrovora, fu abusivamente aperto un varco, il quale rapidamente si è esteso di diverse centinaia di metri, dividendo di nuovo lo Scannone in una penisola ed un’isola.

 

ll Taglio di Porto Viro
È un’imponente opera idraulica della Repubblica di Venezia avviata il 5 maggio del 1600 e terminata il 16 settembre 1604. Dal Po di Venezia, allora “Po di Corbola o Po del Mazzorno”, si deviò il corso del fiume Po da Cavanella Po (porto di Loreo) nella sacca di Goro scavando un canale di 7 km, che costituisce parte del tratto dell’attuale Po di Venezia.
Dopo la rotta di Ficarolo nel 1152, le alluvioni del Po di Tramontana, oltre a ostacolare la navigazione interna, minacciavano di interrare progressivamente la laguna verso Chioggia e avevano reso, con il passar degli anni, sempre più precario anche il complesso sistema idraulico bassopolesano. I Veneziani temevano inoltre la confluenza dello stesso Adige nel Po di Tramontana, con un ulteriore aggravamento della situazione.
Il delta del Po era anche una delle “Vie del sale”, un sistema di comunicazione e trasporto fluviale di vitale importanza sia per la Serenissima che per gli Estensi di Ferrara. Questo consentiva i trasporti in maniera efficiente dall’Adriatico sino alle zone ricche del milanese e del bresciano.
Venezia aveva da tempo progettato l’intervento, ma la presenza a Ferrara degli Estensi, rivali nel controllo della “via del Sale”, rimandò l’inizio dei lavori in quanto ciò avrebbe causato una guerra; tanto più che gli stessi Estensi necessitavano dell’apporto d’acqua del Po per mantenere attivi i loro porti lungo le foci del Volano e dell’Abate.
La cessazione del dominio estense a Ferrara nel 1598 ed il passaggio del Ducato direttamente allo Stato Pontificio come semplice provincia di confine incoraggiò Venezia nell’impresa.
Papa Clemente VIII aveva inoltre proclamato anno santo il 1600 e non poteva impegnarsi in guerra.
Il Doge Marino Grimani diede quindi inizio ai lavori sotto la direzione del Provveditore Alvise Zorzi. I lavori durarono più di 4 anni, anche per sabotaggi e scioperi fomentati dalla Santa Sede.
Nei territori pontifici tale opera, osteggiata sin dall’inizio, determinò l’interramento della chiavica dell’Abbate e peggiorò le condizioni di scolo delle acque della bonifica provocando l’impaludamento di oltre 20.000 ettari di terreno bonificato dagli Estensi, nonché l’interramento parziale della Sacca. Il ridotto apporto di materiali comportò inoltre, a sud della Sacca dell’Abate, l’erosione della linea di costa.
(informazioni tratte da Wikipedia)

 

Bosco Goara e Bosco Romanina
Il Bosco Goara è un piccolo bosco di 13 ettari, situato ad est del Bosco della Mesola, nei pressi dell’ex Valle Goara, il cui nome probabilmente deriva dalla notevole presenza di gò (Zosterisessor ophiocephalus), pesci di fondo al tempo sfruttati dai pescatori. Da un punto di vista vegetazionale assomiglia al Bosco della Mesola, del quale rappresenta una propaggine, e dal quale è separato da una rete; la vegetazione è composta da macchie termofile a leccio e mesofile a farnia, in cui sono presenti rimboschimenti a pino domestico e marittimo. Nelle depressioni, dove la falda acquifera salmastra è vicina, si insedia una vegetazione di ambiente umido salmastro con salicornie e giunchi marittimi. Le specie animali presenti sono quelle del Bosco della Mesola, ad esclusione dei cervidi.
Il Bosco Romanina è unpiccolo bosco di 3 ettari, costituitosi sui cordoni dunosi più orientali del Bosco della Mesola al quale, come il Bosco Goara, assomiglia da un punto di vista morfologico e vegetazionale: prende il nome dall’Idrovora Romanina, costruita nell’ultimo tratto del Canal Bianco per migliorare il deflusso delle acque. L’alta concentrazione di pini domestici e marittimi ricorda la gestione silvicolturale effettuata in precedenza, mentre l’attuale gestione prevede una maggior naturalizzazione del sito, con il reinserimento di lecci nelle zone rilevate e di pioppi nelle bassure.

 

Bibliografia (selezione)
AA.VV., Il Boscone della Mesola. Luoghi raccontati, S. Prospero sul Secchia, C.P.E. Oggiscuola, 1992
Focardi S. – Franchi E. – Tiribocchi A., “La Sacca di Goro”, Technical Report TR2003-2. CSC-University of Siena.
Pesarini Fausto – Fabbri Roberto, Paesaggi ferraresi. Natura e civiltà tra terra e acque. 20 itinerari, Caselle di Sommacampagna, Cierre, 1998
Piccoli Filippo – Pellizzari Mauro – Alessandrini Alessandro, Flora del Ferrarese, Ravenna, Longo, 2014
Visser Travagli Anna Maria – Vighi Giorgio (curr.), Terre ed acqua. Le bonifiche ferraresi nel delta del Po, Ferrara, Gabriele Corbo, 1989

 

Visite guidate al territorio, a Ferrara, Cento, Comacchio e Pomposa
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